martedì 27 marzo 2012

La Nanda

CHIARA-LAVORO: Non ho mai parlato di coloro che considero i miei grandi maestri di giornalismo: ci sono quelli acclamati universalmente e quelli che ognuno sente più vicino a sé. Ad esempio, io ho sempre avvertito come un'estranea Oriana Fallaci, pur ammirandola e avendo letto alcune delle sue eccezionali interviste: la sua durezza estrema, la deriva che l'ha portata a farneticare razzismo ed intolleranza negli ultimi anni di vita, anche se non va banalizzata ma rapportata alla sua realtà, mi rendono quasi antipatico il suo nome. Se proprio dovessi scegliere un'intellettuale che vorrei essere, non avrei alcun dubbio: la mitica Fernanda Pivano.
La sua vita dev'essere stata meglio di un film: ha incontrato e raccontato tutti i più grandi protagonisti della scena letteraria e musicale del dopoguerra, con le sue traduzioni e i suoi articoli ci ha regalato opere che non conoscevamo, e una lunga galleria di ritratti raccontati con semplicità, voglia di cogliere l'essenza e le piccolezze di un personaggio e chi stava dietro a quella maschera, a partire dal rapporto con il grande Ernest, per arrivare ai musicisti più importanti degli ultimi decenni. Tanto per deliziarmi, e anche rubare qualcosa al mestiere, ho comprato la raccolta "I miei amici cantautori": da Bowie a Vasco, da Jovanotti a Bob Dylan fino ad un racconto sul giovane Faber che ti scalda il cuore. Dev'essere stata una persona eccezionale, la Nanda: io non ho avuto mai la fortuna di incontrarla (persi l'occasione una sera di qualche anno fa in cui venne a Porto Venere), ma lo avrei voluto davvero. Entusiasmante, dolce, vivace, colta, così me la immagino: un vero spirito giovane e all'avanguardia. Il suo sorriso era la migliore spia di tutto ciò: una ragazzina travestita da novantenne. Prima o poi andrò allo Staglieno a portarle dei girasoli.

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