mercoledì 13 luglio 2011

Quando il gioco si fa duro...

LAVORO: ahahah mi prendo in giro da sola con questo titolo, anche se in effetti, un colloquio di un'ora in inglese, con tanto di "pezzo grosso" collegato in videoconferenza non è stato una passeggiata. Molto soddisfacente, però. Mi sembra di essere andata bene, alla fine mi sono "incartata" solo su due parole, e ho apprezzato particolarmente l'ambiente internazionale. Sarebbe bello poter lavorare in una realtà così di ampio respiro: il solo essere limitata a Spezia mi stufa un po'. Da sempre sono fan del confronto, e il fatto che questo ruolo implichi una serie di responsabilità non mi spaventa, anzi: fino ad oggi, quando ho gestito delle cose in prima persona è sempre andata bene e quindi non ho particolari paure di fronte a questa prospettiva, che potrebbe rivelarsi una sfida stimolante. In fondo, odio i lavori ripetitivi ed ho sempre bisogno di qualcosa che faccia proseguire il moto del mio cervello, e poi mi darebbe la possibilità di migliorare l'inglese! Io sono convinta, lo saranno anche loro? Per la parte marketing sono andata bene, il punto interrogativo è sul gestionale e sulla gestione della reportistica. Ma anche lì s'impara. Aspetto notizie, e che siano positive!

CHIARA: sono andata bella sicura, ho studiato il sito in versione ".com" e ho preparato una serie di discorsi sul personale e sul tecnico, imparando i termini che mi mancavano. La visita a Milano è stata l'occasione per salutare la Serena, con cui avevo fatto lo stage in Iperborea: dopo 5 anni...è quiiiii!!! L'ho trovata davvero bene, nonostante sia anche lei vittima del precariato; la sua (la mia, la nostra) forza? Essere molto innamorata del mestiere: noi donne, specie se letterate, siamo così, investiamo anche affettivamente sul lavoro: lo curiamo, lo seguiamo, pensiamo a lui anche fuori dall'orario. Serena è l'ennesimo esempio di quei talenti che l'Italia maltratta. Facendo un errore grosso come una casa.

MILANO: stavolta l'ho capito davvero! Poveri milanesi, ma che avete fatto di male? Qual è il vostro peccato originale? Alla fine è toccato anche a me il passaggio negli inferi della metropolitana; senza alcun Caronte che mi ci porti, senza un Acheronte da passare, basta solo un carnet 10 corse per assicurarmi i miei tre passaggi nel maxi forno. Una tortura, mi manca l'aria, arrivo al colloquio con la pressione sotto zero: urge caffé riparatore, e menomale che nella sala riunioni mi vengono dati 5 provvidenziali minuti di attesa in cui ritornare in versione umana. Il ritorno in treno, dopo 3 ore e 10 di andata, non passa mai. Ho fame, voglio togliermi le scarpe e mettere il silenziatore a quella tipa che nel mio scompartimento racconta all'amica-collega la storia della sua vita amorosa, che manco un Forrester! Se lo si aggiunge all'olezzo caprino del tipo di fianco a me, crea un quadretto davvero prezioso. Che bijou! Ma non pensiamoci: sono stanca, è ora di andare a nanna.

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